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Per mettersi in proprio

Ti è mai capitato che al mattino, nello specchio, ti confessi di non farcela più a lavorare in azienda? Che vorresti metterti in proprio, aprire una partita Iva, seguire i tuoi sogni e le tue ambizioni?

Non sei solo. È capitato anche a me, circa 10 anni fa. È capitato anche a un mio amico, di recente, che mi ha chiesto: “ma quali sono le caratteristiche che occorre avere per fare il Grande Passo?”. Questo blog è per lui e per chiunque si ponga tali domande.

Questo è un post per chi lavora in azienda già da anni. Lo ho scritto sulla base della mia esperienza: cosa è capitato a me e di ciò che ho visto accadere ad altri. Certamente non è il solo mix di competenze ed attitudini necessarie, né è il migliore. Ma, in presenza di questo mix, sono certo che hai tutte le carte in regola per riuscire nel passaggio. 

  • Nel tuo lavoro attuale, tutti tendono a farti fare le cose.

In azienda il lavoro è come l’acqua: va naturalmente dove riesce a passare (nel senso: dove è preso in carico ed eseguito). Se nel tuo attuale lavoro ti capita, questo è un buon segno: vuol dire che hai quel complesso savoir-faire necessario a portare a termine (e bene) un lavoro.

Vuol dire che sei efficace nell’esecuzione, e che sai discernere tra i conflitti pretestuosi (spesso personali, comunque non centrati sull’oggetto del lavoro) e quelli rilevanti. Vuol dire che non temi di denunciare i primi (così da toglierli di mezzo) e di far emergere i secondi.

Saper gestire il conflitto, come pure saper dire di no, è una maturità interiore e una competenza essenziale. In questo senso, diventare un libero professionista richiede una certa maturità, obbliga a crescere.

  • Sei appassionato (almeno di un aspetto) del tuo lavoro.

In un certo senso sei un po' nerd. Ti trovi a pensarci il fine settimana, leggi alcuni fatti della tua vita alla luce di quei principi, ti scoccia di non aver tempo di approfondire di più, e sei tentato di pagarti da solo delle formazioni. A me, ad esempio, è capitato con la metodologia Lean (che poi è lo studio di una certa cultura d’impresa, quella di una “learning organization”). Si accumulavano i libri a casa e la frustrazione di non aver tempo per leggerli.

La passione per quel certo aspetto è ciò che ti assicurerà di non essere mai obsoleto. Ciò che si approfondisce trova sempre il modo di essere messo in pratica, come se volesse emergere di sua volontà. E la messa in pratica ne farà un tuo strumento naturale, un riflesso, una competenza.

Se non c’è una vera passione, ti troverai a rincorrere i clienti invece della tua competenza. E questo ti porterà rapidamente ad annaspare.

  • Fai tutto ciò che serve, non importa se è “al di sotto del tuo livello”.

Quando ho lasciato il mio lavoro ero un manager e un quadro direttivo. Il mio primo incarico da partita iva consisteva nel fare cose che, da manager, facevo fare ai miei collaboratori. Mi sono ritrovato a ricevere ordini da chi, lo sapevo, ne sapeva meno di me. Ho impiegato anni ad avere la possibilità di scegliere con chi lavorare, a ricostruire fuori dall’azienda quello che avevo già costruito in azienda. Ho dovuto fare interventi che sapevo inutili, fare formazioni che non interessavano a nessuno. Ma spesso è nata una relazione, c’è stato un punto di appoggio che è risultato utile, talvolta anni (anni!) dopo.

Quando ti metti in proprio, è come se da sott’ufficiale di una nave scendi a terra e prendi una tua piccola barca per affrontare lo stesso mare. Certo, tieni il timone, ma ti occupi anche della manutenzione, della pulizia, devi rammendare le vele. È necessario che non ti dia fastidio.

Quando ho lasciato il mio ruolo in azienda, ho continuato a frequentarne l’ambiente: in fondo, è là che avevo trascorso la maggior parte del mio tempo, e per anni! Mi ha sorpreso notare che parte dei miei ex-colleghi hanno cambiato il modo di vedermi: tendevano a “dimenticare” di rispondere ad una mia mail di saluto, o ad essere “distratti” nelle conversazioni quando li incrociavo. Davvero ai loro occhi avevo perduto di importanza. Questo ha aperto i miei, di occhi.

Per metterti in proprio, è necessario già sapere (quanto meno sospettare) che il tuo valore, come persona, non è misurato da ciò che fai, né dall’importanza che ti danno gli altri. In questo senso, mettersi in proprio necessita un profondo lavoro su se stessi – prima e dopo la tua scelta.

  • Non hai un piano, ma un prossimo passo concreto che sai fare.

Attendere di essere pronto per mettersi in proprio, equivale a non farlo mai. Al tempo stesso, licenziarsi per improvvisare è da sciocchi.

Ho visto fallire tentativi in cui ci si è licenziati e si è iniziato a fare una cosa di cui si sapeva troppo poco: lanciarsi in un sogno che era solo un sogno. Puoi essere una persona molto brillante, ma la competenza non è acqua che passa sotto un ponte.

Al tempo stesso, (per usare gli stessi termini con un senso diverso), ho visto persone eccellenti perdersi d’animo di fronte al fiume della libertà imprenditoriale perché non c’era un ponte. Ma il cuore dell’attività imprenditoriale è proprio costruirlo, quel ponte! Devi avere in mano il materiale, gli strumenti e la competenza per usarli: ma il ponte non c’è.

La paura distrugge ogni capacità di riflettere e debilita nel più profondo del proprio essere. Ogni viltà convien che qui sia morta, dice Virgilio a Dante prima di entrare nell’Inferno. 

Ciò che è necessario per superare questa fase è trovare una prima cosa da fare, che sai di saper fare. Collaborare ad un progetto di una società di consulenza più grande, trovare una formazione da erogare, trovare una collaborazione part time: tutto è buono. La tua capacità di portare un lavoro a buon fine e la tua passione per ciò che fai che ti permetteranno, alla fine del primo pezzetto di ponte, di trovare altro materiale per costruire un altro pezzo.

Mettersi in proprio è anche una crescita personale e ti impone il coraggio di vivere. E ti impone la differenza tra coraggio e spavalderia.

 

Chiariamo un punto: lavorare in proprio non è “meglio” di lavorare per un’azienda. È come vivere in città o in campagna: non c’è una soluzione migliore.

Ci sono alcuni miei ex-colleghi che ora svolgono incarichi di alto livello: chissà, magari avrei potuto svolgerli io. Non è solo una questione di potere e di denaro: è soprattutto una questione di mancata esperienza. Mi piacerebbe aver conosciuto l’esperienza di essere responsabile di decine o centinaia di persone, di vivere la competenza che sviluppi in un CdA, di gestire altri progetti e processi complessi, innovativi.

In generale, quando ti metti in proprio perdi la possibilità di certe esperienze, perché una grande nave ti porta spesso più lontano. Non sempre, ma più spesso.

Ma a me piace il senso di libertà, quel tipo di concentrazione che, in barca, sale quando di fronte hai un cielo nero e verifichi tutta la tua attrezzatura. Che vuol dire mettere tutto nel progetto che hai per le mani, studiare, frequentare associazioni e colleghi, sperimentare e immaginare cose nuove. È questa esperienza che preferisco vivere.

E' una questione di preferenze. E, se ci si pone sufficientemente a lungo la domanda, anche la risposta emerge.

Non tutti possono riuscire davvero in questa esperienza: occorrono competenze e propensioni, occorre una certa passione e una certa concretezza. Occorre, soprattutto, la motivazione a voler sfruttare le sfide della vita per crescere interiormente.

Ciò che mi spiace è che, spesso, chi ha questo potenziale rinuncia a farlo. Se hai le caratteristiche sopra elencate, puoi farlo. Se vuoi, contattami e ne parliamo. Mi piacerebbe conoscerti.

 Photo by Johannes Plenio from Pexels