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Circondarsi di talenti

La maggior parte delle energie in azienda sono investite nella relazione con le persone. I processi aziendali non sono altro che il tentativo di creare ordine, il tentativo di dare una forma all’energia e alla creatività delle persone.

Quando le relazioni si moltiplicano in numero e in complessità, ad esempio se sei un manager, molto presto la quantità di energia in dotazione diviene insufficiente. Come fare?

Generalmente si alloca il proprio budget di energie per compito: mi occupo delle cose più urgenti e dove arrivo (come si dice) metto il segno. Le “cose più urgenti” sono spesso quelle in cui c’è un problema da gestire (qualcuno che urla, in particolare il capo). Non sempre c'è spazio per il resto.

Così, è il contesto a determinare le proprie azioni (anche se sul momento si ha l’impressione opposta). Pensiamo di agire e ci troviamo a reagire.

I più bravi, riescono anche ad allocare del tempo alle le cose importanti, pur se non urgenti: ad esempio formare i collaboratori, riflettere sulla propria strategia, implementare soluzioni che da mesi giacciono nel cassetto. Ascoltare i clienti, dare feedback ai colleghi, osservare l’attività dei collaboratori. Quando ci si occupa delle cose importanti, anche le cose urgenti diminuiscono. Non si è più trascinati dalla corrente del fiume: si nuota nella corrente del fiume.

La mia esperienza mi ha portato a preferire un approccio diverso: il budget di energie va gestito per persona. Che è come posizionarsi presso il bordo del fiume, là dove si tocca: una parte delle energie è utilizzata per spingersi contro il solido.

È nelle persone che investiamo le nostre energie, non nei compiti. Si crede di investire energie su compiti (progetti, risoluzioni di problemi, organizzazione di processi), ma in realtà si investono energie sulle persone che lavorano attorno a dei compiti.

Passiamo molto più tempo a confrontarci e a negoziare con le persone che non ad occuparci di “produrre” qualcosa.

Non lasciatevi ingannare, non è una questione semantica. Ho perfezionato questo mio modello attraverso un approfondimento di Michael Ballé. Ci sono cinque categorie rilevanti per scegliere a chi allocare le proprie energie.

(Nota Bene: non si tratta di “categorie di persone”, ma “categorie di persone in situazione da un certo punto di vista”. Sono cinque categorie di attitudini che una persona può assumere in ogni situazione professionale a partire dal proprio punto di vista. Non solo una persona può assumere una diversa attitudine a seconda della situazione professionale in cui si trova. D’altra parte, questa attitudine non è assoluta ma è relativa al punto di vista dell’osservatore. Questa premessa è necessaria: non si categorizzano dunque delle persone, ma delle “attitudini situazionali da un punto di vista soggettivo”. La differenza è sostanziale. Ma, per semplicità, e poiché c’è una correlazione tra le persone, le loro attitudini ricorrenti e le diverse interpretazioni soggettive, parlo di categorie di persone.) 

La prima categoria è quella dei talenti. Vi appartengono quelle persone (colleghi, clienti, collaboratori, fornitori,…) con una buona capacità di execution (ossia sono concreti nel fare), accompagnata da una elevata motivazione. Sono "talenti in potenza", non necessariamente grandi esperti del loro ambito. E non necessariamente gli viene tutto facile per un "dono" innato. Così definiti, i “talenti” si riconoscono perché, quando proponi loro un’idea, provano a farne qualcosa e ci aggiungono del loro. Non è detto che il tentativo funzioni, ma non è mai idiota.

La seconda categoria è quella dei falsi, ossia coloro che hanno tendenza a non dire ciò che pensano e a non prendere responsabilità. Nei primi incontri si confondono facilmente con i talenti, ma poi la verità viene rapidamente a galla. I falsi si riconoscono perché, quando proponi loro un’idea, si dicono convinti e la lodano, ma poi non ne fanno nulla (tranne il giorno prima del successivo incontro).

La terza categoria è quella degli scottati: soprattutto collaboratori che subiscono un sovraccarico di compiti e obiettivi (o che hanno subito torti non ancora metabolizzati). Generalmente ex talenti, sono spesso vittime del principio per il quale si carica sempre lo stesso somaro. Gli scottati tendono ad accettare qualsiasi proposta, ma ormai non ne fanno più nulla, sono disillusi e amareggiati.

La quarta categoria è quella dei tossici, quelle persone che hanno l’abilità (e anche il gusto) di vivere nella zizzania. Si riconoscono facilmente perché, attorno a loro, c’è sempre conflitto. È possibile che un apparente tossico sia in realtà un talento frustrato, occorre vigilanza in questo. Ma più spesso è quello con cui non vorresti mai lavorare. Quando il tossico è un manager, te ne accorgi perché tutti tengono la bocca chiusa quando è nei paraggi.

La quinta categoria la definisco neutra. Vi rientrano tutti gli altri casi, ognuno da gestire con una modalità diversa. Ad esempio, vi rientrano tutti coloro che vogliono far bene il loro lavoro ma non hanno motivazioni a migliorare, o coloro che non hanno vere capacità di execution e tendono a perdersi in mille ragionamenti. Ci sono anche quelli che sono motivati a far bene ma ti ritengono un perfetto idiota (ricordiamo che sono categorie soggettive). E anche coloro che, in un certo momento, hanno altro a cui pensare (ad esempio stanno per cambiare ruolo, o hanno un problema a casa).

L’energia va dunque allocata a seconda dell’interlocutore. Agli scottati ne basta poca, ma deve sempre esserci, prevalentemente in termini di ascolto (e di riduzione del carico di lavoro). In presenza di un tossico, l’energia va dedicata ad impedirgli di nuocere al gruppo, anche attraverso sanzioni disciplinari e, se possibile, il licenziamento. Con i falsi occorre semplicemente evitare che si accaparrino l’energia destinata ai talenti, come fanno i parassiti.

Ai neutri va dedicata una buona quantità di energia per verificare le condizioni di lavoro: Ci sono bisogni legittimi ai quali rispondere? Ci sono le condizioni giuste per lavorare bene? Le relazioni sono sane? I compiti e gli obiettivi sono chiari? C’è qualcuno tra loro che evolve in talento?

Non bisogna dimenticare che i neutri corrispondono alla maggioranza delle persone in azienda, e sono da tenere nella più alta considerazione perché non solo fanno il lavoro per il quale sono pagati, ma tentano di farlo bene.

La parte principale della propria energia va tuttavia allocata ai talenti, perché ne massimizzano il risultato e perché l’amplificano. È il terreno solido sul quale ci si spinge, che fa sì che i compiti si realizzino con maggior fluidità. Sono loro le giuste persone da tenere sul bus del miglioramento continuo.

Quando si alloca l’energia in base al compito, invece, accade il contrario.

I tossici assorbono la maggior parte dell’energia perché è attorno a loro che scoppiano gli “incendi” da domare. In azienda, i tossici tendono ad essere spostati da un lavoro ad un altro e, per tenerseli buoni, spesso si cede alle loro richieste con aumenti e promozioni (per questo si ritrovano spesso con qualche responsabilità). Nella confusione ci si affida poi ai falsi, che promettono mari e monti con una faccia seria seria. I neutri sono semplicemente ignorati e, in segreto, disprezzati: non se ne conosce il nome e non ci si cura di verificare che lavorino nelle giuste condizioni (tanto non si lagnano). Infine, i talenti sono quelli che si ritrovano caricati delle cose da fare. Spesso si trasformano in scottati, anche se in loro il desiderio di far bene è talmente forte che alla prima occasione si rialzano come nulla fosse.

Se il cuore delle aziende sono le persone, è strategico pensare l’investimento delle proprie energie sulle giuste relazioni e non su quali cose fare.

Il vero obiettivo del manager si trasforma: non è più realizzare dei compiti, ma circondarsi di talenti.

Photo by Marek Piwnicki from Pexels