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Perché credo nel Lean Thinking (tradotto da Michael Ballé)

Ci attendono giorni burrascosi. Le forze del clima, che abbiamo risvegliato, si muovono lente e inesorabili, innescando catastrofi umane e naturali. Lo sappiamo. Ma non sappiamo cosa fare, quando – o come farlo.

Piuttosto che vivere con il timore di un treno impazzito che rischia di investirci da un momento all’altro, possiamo accettare che le circostanze attuali richiedono un adattamento, e quindi una sequenza di decisioni concrete, una dopo l’altra. Queste decisioni non saranno semplici: ci saranno degli arbitraggi da fare. Dovremo probabilmente scegliere tra opzioni sgradevoli, ma dovremo farlo. E farlo collettivamente.

 

Io credo nel Lean Thinking perché il modo in cui i leader oggi prendono decisioni è, semplicemente, folle. Troppe volte è evidente che si salta a soluzioni di corto respiro, a beneficio di interessi personali o della propria cerchia, e che rendono la situazione ancora peggiore. Ce ne rendiamo conto solo quando il polverone si abbassa. Sappiamo benissimo che le decisioni errate, a volte folli, sono conseguenza di ipotesi errate. Della presunzione di sapere cosa sta succedendo e cosa va fatto, come fossimo divinità,  – e innescare così proprio quella catastrofe che volevamo evitare.

Le giuste decisioni possono essere prese solo quando il problema è ben compreso, e quando siamo pronti a risolvere il giusto problema. Non è possibile farlo ciascuno per conto proprio, isolato dagli altri: è necessario prendere in conto una moltitudine di prospettive, vedere la situazione sotto tutti i suoi punti di vista, dall’alto, con occhio di falco, e creare consenso sulla vera natura del problema.

Per fare questo, non possiamo semplicemente risolvere enormi problemi con un decreto, un’email o un’intuizione. È necessario invece ingaggiare ciascuno a risolvere continuamente piccoli problemi. Lo spazio di allenamento perfetto per praticare il ciclo try-fail-analyze-try again, sul quale è fondato tutto il pensiero scientifico, è fare in modo che le cose funzionino ogni giorno. È difficile farlo tra i mille impegni delle nostre vite, ma ciascuno può essere incoraggiato a scegliere un tema e provare – il  kaizen è questo.

Praticare kaizen porta a sviluppare lo “spirito Kaizen”, che è l’ingrediente segreto della Lean. Chiarire semplicemente ruoli e responsabilità, o sviluppare nuovi strumenti e nuovi sistemi informatici, non aiuterà a risolvere i problemi fondamentali a meno di aggiungere il magico ingrediente dello “spirito Kaizen” – quello stesso spirito sviluppato in anni di pratica da tutti coloro che lo applicano.

Le persone che conoscono lo spirito e la pratica del kaizen, sanno perché è importante convergere sul problema prima di parlare delle soluzioni. Si tratta di una reazione chimica umana. Discutere di un problema crea energia e connette le persone in una dinamica condivisa. Litigare sulle soluzioni porta a quel confronto (“la mia soluzione è migliore della tua”) che smorza tale reazione chimica, finché il più forte vince – solo per perdere più tardi, al momento dell’implementazione.

Formulare una visione condivisa del problema è anche la chiave per proporre nuove idee localmente, condividerle e costruire su di esse, finché una soluzione più ampia può essere costruita. Tale co-costruzione di soluzioni consente alle persone di adattarsi al cambiamento mentre contribuiscono ad esso, in modo che quando viene presa una decisione, anche se non è ciò che hanno originariamente in mente, hanno avuto il tempo di vederne la logica (il sense-making), e il modo in cui essi ne possono far parte, (il meaning-making).

Ogni decisione determina vincitori e vinti – questo è inevitabile. Imporre decisioni arbitrarie vuol dire premiare i vincitori e colpire i perdenti, spesso attraverso pressioni, minacce o l’uso esplicito del potere. Questo distrugge la fiducia reciproca, focalizza l'attenzione sui conflitti interni e ci rende più deboli di fronte alla vera sfida. Al contrario, se investiamo del tempo per coinvolgere ciascuno nel chiarimento del problema, possiamo anche capire come consolare i perdenti in modo che restino a bordo e si impegnino malgrado tutto nel cambiamento – invece di combatterlo.

Il Lean Thinking comincia con l’impegno fermo nel far funzionare le cose nelle condizioni attuali. Questo vuol dire chiarire e visualizzare la logistica delle forniture e la qualità, in modo che quando le persone utilizzano i prodotti o i servizi, questi funzionano come previsto. Per far questo, ciascuno deve risolvere piccoli problemi nell'immediato e praticare il ciclo try-fail-analyze-try again. Soprattutto, a livello di leadership, è necessario che nessuno sia rimproverato quando tenta cose nuove e, d’altra parte, che tutti siano formati all’osservazione, all’analisi e a alla sperimentazione: allo spirito kaizen.

Reagire rapidamente ai problemi di fornitura o di qualità, consente di pensare in termini di problematiche più ampie: perché ci sono questi problemi? Quali sono le condizioni di cui non ci occupiamo, e che li provocano? Cosa è cambiato nel contesto che impone un cambiamento da parte nostra? Questi cambiamenti possono essere discussi collettivamente, fino al momento in cui capiamo che il problema al quale lavoriamo è il problema giusto. Il ruolo dei leader non è quello di decidere arbitrariamente, ma di coordinare tale dibattito e alla fine, questo sì, di scegliere. È sempre un processo di decisione, ma è un modo diverso di decidere.

Alla fine, una volta che la sfida comune è meglio compresa, le soluzioni emergeranno dal tentativo di ciascuno di implementare cambiamenti locali che vadano nella giusta direzione. Vediamo che questo accade con l’economia circolare. Certo, ogni tentativo individuale di riutilizzo è zeppo di errori e non sembra impattare il problema globale, ma se osserviamo il quadro di insieme e cerchiamo il modo di far convergere tutti questi esperimenti, vedremo emergere una soluzione più ampia, più impattante e – soprattutto – più sostenibile.

Questo è, in breve, il Lean Thinking. Questa è la ragione per la quale le aziende Lean hanno performance migliori e sono più agili. Esse investono innanzi tutto nei loro collaboratori e nello sviluppare in loro lo spirito kaizen. I leader di queste aziende capiscono che il loro lavoro è arbitrare, non decidere nel vuoto del loro ufficio; coordinare, non dare ordini; e soprattutto, prendersi cura di ogni persona e dare gli strumenti e lo spazio per lo sviluppo personale, in qualsiasi modo essi vogliano.

Certo, se ci guardiamo attorno, la società non sembra andare per niente in questa direzione. Gli ego dei leader sono ad un massimo storico. I finanzieri si ingozzano sulla società, la spogliano e ci lasciano con sempre meno. Ci affidiamo sempre più ai nostri smartphone per risposte immediate, e ci basiamo sull’ Intelligenza Artificiale o sul nostro istinto per reagire, invece di fare lo sforzo di costruire analisi accurate, di scomporre i fattori e chiederci: cos’è che sappiamo e cos’è che non sappiamo? Questa è la ragione per la quale apprendere e insegnare Lean Thinking è più importante che mai. La stanza in cui fare “kaizen” è grande, e la porta per entrare è stretta – ma sappiamo dove è la porta (aprite qualsiasi libro sulla Lean, poi un altro, poi un altro). La nostra sfida è attraversare quella soglia.

Articolo originale di Michael Ballé