“Vendere è un’arte, come il management”. Su questo tutti sono d’accordo. “Per un manager è fondamentale ispirarsi all’arte della vendita”. Su questo, non tutti sono d’accordo.
E invece io credo che ogni manager dovrebbe ispirarsi all’arte della vendita, per contribuire al miglioramento dell’azienda e al benessere dei collaboratori.
E credo che la resistenza al cambiamento non sia un elemento "dato": non è altro che la misura inversa della competenza del manager nell’arte della negoziazione.
I migliori venditori, negli Stati Uniti, hanno un soprannome: “rainmaker”. Non fanno piovere pioggia, fanno piovere affari.
La capacità di un “rainmaker”, è quella di:
- vedere ogni cliente nella sua unicità
- approcciarlo con una combinazione creativa di alcune tecniche di base
- maneggiare alla perfezione quelle tecniche di base (in modo consapevole o inconsapevole).
Ogni uomo, (come ogni azienda) è unico. Non solo rispetto agli altri, ma un giorno rispetto all’altro. Il venditore eccellente riesce ad avere uno sguardo fresco sull’interlocutore. Se da un lato lo classifica mentalmente in una “tipologia” di cliente, dall’altro lo vede per come è: un sistema complesso in un equilibrio instabile. Più una trottola in movimento che un cubo posato a terra.
A differenza di un buon venditore, un rainmaker non è presente solo al momento della transazione commerciale, ma sa:
- essere presso il cliente nel momento in cui il bisogno emerge (così da contribuire a farlo emergere)
- recuperare le informazioni dal post vendita (cioè i punti forti e deboli del prodotto dal punto di vista del cliente)
- riflettere con il cliente su cosa ha funzionato e cosa no (così da preparare la vendita successiva).
Ma c’è soprattutto un momento chiave che un rainmaker non sbaglia: quello della negoziazione, ossia le fasi preliminari alla vendita.
Una negoziazione riesce quando:
- Il cliente ha l’impressione di essere compreso (perché compriamo solo da chi ci comprende)
- La sua percezione (il modo di vedere il mondo) è vicina a quella proposta dal venditore
Di fronte all’unicità del cliente, e per raggiungere gli obiettivi di negoziazione, il venditore eccellente non utilizza infiniti modi di fare. Ne ha una manciata. Semplicemente, le combina in modo creativo. Ma ne è esperto, e con quelle tecniche ci palleggia come Maradona con le arance.
Quante tecniche utilizzava Maradona? Poche. Colpo di testa, alcuni tipi di stop, sei o sette tipi di calcio (per altro quasi solo di sinistro)… e quante giocate possibili aveva? Infinite.
Ma che c’entra tutto questo con i manager? Cosa ha da vendere un manager? La cosa più preziosa che egli abbia: le proprie idee.
E a chi? Al proprio management. E ai propri collaboratori.
Parlo spesso con buoni manager che vedono aspetti critici che sfuggono ai propri capi. “Non riesco a farglielo capire”, mi dicono sconsolati.
Certo, gli manca la visione d’insieme e non saprebbero fare l’AD, ma quello che dicono è spesso giusto.
Per un manager, essere un rainmaker vuol dire vendere idee che divengono progetti e che risolvono problemi dell’azienda (non buttare avanti proposte alla rinfusa, come venditori mediocri che provano a rifilare quel che capita). Deve saper intraprendere un percorso analogo all'eccellente venditore che li porta a :
- ragionare con i propri capi sui bisogni dell’azienda (e aiutare a farli emergere nel loro complesso)
- conoscere i progetti in corso (e i punti forti e deboli delle proprie comprensioni)
- riflettere con i superiori (e apprendere sui bisogni successivi)
Come un eccellente venditore, un manager deve essere eccellente soprattutto nella fase di negoziazione. È fondamentale, infatti, che i suoi capi, proprio come gli acquirenti, abbiano:
- l’impressione di essere compresi (comprano idee solo da chi li comprende)
- una percezione della realtà allineata con quella del manager (e in questo processo, è anche il manager che si allinea con la loro).
Le tecniche di negoziazione sono poche. Ma il manager-rainmaker si allena per riuscire a maneggiarle. Magari, non come Maradona palleggiava con le arance. Magari semplicemente come palleggia Gattuso. Che, comunque, i Mondiali li ha giocati.
La negoziazione, d'altra parte, è essenziale soprattutto verso i collaboratori. In particolare quando si parla di change management.
“Change Management” non vuol dire proporre un piano e chiedere di aderire: vuol dire vendere un’idea a un team. Certo, puoi imporre ai collaboratori che la applichino, ma non puoi imporre che la “comprino”. Un collaboratore è un uomo, proprio come un top manager. Comprerà un’idea solo se:
- ha la percezione di essere compreso (compra un’idea solo da un capo che lo comprende)
- la sua visione del mondo è allineata con quella del capo.
In altri termini, è possibile fare change management solo se i manager conoscono l’arte della negoziazione.
La competenza di un manager nell’arte della negoziazione è misurata in modo inverso dalla resistenza al cambiamento dei propri collaboratori.
Non sono i collaboratori che resistono e non capiscono. È il manager che non sa negoziare.