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Condividere e realizzare un sogno in squadra.

Un partecipante alle Conferenze del lunedì mi scrive: “Ho sentito con piacere il tuo webinar, in tantissime cose espressioni esempi mi sono ritrovato profondamente. Ti faccio una domanda: come generare motivazione del team e condividere un sogno da realizzare tutti insieme?”

Wow, questo sì che è un bell’obiettivo: creare un sogno da realizzare assieme. Certo, è un saper fare che non è descrivibile in un post, né in un libro o in una biblioteca di libri. E' una esperienza, e si conosce solo quando si è esperita. Al tempo stesso, parlarne vuol dire creare un’occasione di riflessione al riguardo - anche per me, e per questo ti ringrazio per la tua domanda.

Questa domanda dice alcune cose su che tipo di manager sei – o tenti di essere. Esploriamole brevemente, e poi entriamo nel merito.

Innanzitutto, se ti poni questo interrogativo, vuol dire che sei interessato a raggiungere gli obiettivi attraverso il “rispetto” dei collaboratori. Nella Lean, per “rispetto” (uno dei due pilastri del Toyota Way), si intende rispetto per il potenziale dei collaboratori, per il benessere del gruppo, per la soddisfazione dei clienti e, in generale, per il bene dell'umanità. Il termine “rispetto” implica, quindi, un certo grado di esigenza, la stessa esigenza che ha un buon allenatore (ad esempio, di pallanuoto) per la sua squadra.

Questa è la dimensione etica di un “Lean Leader”, ed è la premessa di tutte le altre dimensioni (tecniche, strategiche, comportamentali…), l’unica che non può essere insegnata. Personalmente, ritengo che sia il vero punto di partenza del Lean Thinking.

Per creare un sogno, innanzitutto devono essere assenti le condizioni demotivanti: non ci sono problemi di pagamento stipendi, le persone lavorano in sicurezza, l’ambiente è salubre. Inoltre, (ed è la condizione che più dipende da te in quanto manager), è necessario coltivare la fiducia delle persone: incontri i tuoi per allinearne le priorità, ti preoccupi della formazione di chi vuole crescere, gestisci i problemi che si frappongono alla realizzazione del loro lavoro. Sono i punti approfonditi nella conferenza del lunedì cui hai assistito.

Fiducia e motivazione sono parenti stretti. Entrambe sono una libera scelta di ciascuno e non possono essere imposte. Anzi, non possono essere neppure imposte a se stessi! Ciascuno, ad esempio, ricorda una materia scolastica che davvero non riusciva a farsi piacere. 

Come un giardiniere si occupa del terreno, dell’acqua, dei parassiti, del nutrimento, della luce delle sue piante ma poi son le piante che devono crescere, allo stesso modo un manager si occupa delle condizioni per far crescere fiducia e motivazione.

La differenza tra le due, è che la fiducia è essa stessa una condizione per la motivazione (pur se la motivazione retroagisce poi sulla fiducia). Quando ti interroghi su come far emergere motivazione (tanto da costruire su di essa un sogno condiviso), vuol dire che c’è già un buon clima di fiducia, la quale si manifesta in tre dimensioni:

  • come esistenza di relazioni di qualità (interagisco con piacere con i miei colleghi) ,
  • come presenza di autonomia nelle iniziative (tento e dico le cose senza temere di essere messo al muro),
  • come desiderio di approfondire e apprendere (cerco spontaneamente di capire e di imparare).

Questi elementi non devono essere sempre presenti in tutti i collaboratori, ma:

  • Affiorano regolarmente  
  • Sono considerati dal gruppo come “il giusto modo” di fare

Se le cose non stanno così, torna alla casella numero 1 e cerca di capire perché.

Se c’è fiducia, allora verifica le altre condizioni motivazionali - la casella numero 2. La mia check list si ispira fortemente alla teoria del Flow, di Mihaily Csikszentmihailyi (per un italiano, il suo nome è ottimo anche come scioglilingua e come test per valutare la propria memoria).

  • I compiti devono essere chiari (chi fa cosa, e cosa devo fare esattamente)
  • I compiti devono essere sfidanti (né troppo né troppo poco) tenuto conto delle competenze di ciascuno.
  • Dalla precedente, deriva che ogni tuo collaboratore (tra quelli ingaggiati) ha un proprio piano personale di miglioramento (conoscere almeno il suo prossimo challenge).
  • Ci devono essere feedback immediati e continui (se possibile non solo da te ma dall’ambiente, esempio via indicatori, colloqui, formazioni o altri elementi che fanno capire quando il lavoro è OK o KO)
  • Esiste un autentico ascolto, sul piano intellettuale ed emotivo, dei collaboratori (da parte tua e dei manager sotto la tua responsabilità). Questa è tanto una competenza quanto un interesse genuino verso gli altri.
  • Esiste una dimensione di incontri individuali e di gruppo.
  • Utilizzi gli strumenti Lean (anche) per incrementare motivazione e competenza

Ciascuno di questi item meriterebbe una conferenza. Per il loro allenamento focalizzato e continuo, è consigliato il supporto di un tuo manager (magari!) o, al limite, di un coach.

Uno dei vantaggi di curare le condizioni motivazionali, è che si fanno avanti quelli che hanno voglia di essere motivati. Non tutti lo sono, e Csikszentmihailiyi (niente, non riesco a scrivere il suo nome senza copiarlo) suggerisce che la motivazione è il prodotto tra quanto la persona cerca la propria autorealizzazione (quello che la persona mette sul piatto) e quanto il lavoro offre questa possibilità (quanto l’azienda mette sul piatto).

A questo punto, posso aggiungere l’ultimo elemento della mia check list, tratto da Jim Collins:

  • “The right people must be on the right seat on the bus”. Devi verificare che nei ruoli chiave, sotto la tua responsabilità, ci siano le persone allineate con te e che sono motivate a fare. Io li chiamo i “talenti” (leggi qui per un approfondimento).

Quest'ultimo è un punto scomodo, ma è il punto in cui tu, come responsabile, ti esponi e rendi credibile quanto affermi. Vuol dire, in alcuni casi, affrontare e spostare dei “monumenti” dell’organigramma, e farlo mantenendo le competenze. “The right people” diventano il volano per la motivazione del resto del team.

Potresti non essere nelle condizioni di fare questo. Peccato: è ancora possibile passare alla casella 3, ma solo su una parte del team oppure (se sei nel migliore dei casi) attraverso molto più sforzo da parte tua.

La casella numero 3 è il sogno da realizzare assieme. Qui trovi ulteriori condizioni da sviscerare: una visione elaborata assieme al management (o al team, dipende dalla dimensione della tua squadra), l’identificazione di una metrica chiave che rappresenti IL PUNTO focale della strategia, una struttura degli obiettivi operativi intrecciata e consistente con la visione, dei momenti di confronto ai vari livelli, alcuni momenti celebrativi. Non le approfondisco per evitare di rendere troppo lungo l'articolo, se sei interessato fammi sapere.

Tuttavia, la mia esperienza è che le caselle vanno percorse in fila: completare la 1, poi la 2 e poi la 3 (consapevole della retroazione delle successive sulle precedenti). Altrimenti, il messaggio che arriva ai collaboratori è che si deve fare ammuina, che è tutta una finta per te, perché tu possa ottenere il tuo bonus e possa pure fare una bella figura, in quest’epoca in cui i temi della diversità, dell’ecologia, dell’inclusione sono sulla bocca di tutti (e nel cuore di pochi).

Spero che questo articolo possa – non dico rispondere ma – essere uno spunto di riflessione utile per te. Fammi sapere che ne pensi.

 

Photo by Anna Tarazevich · Photography (pexels.com)